Lo
spettacolo proposto dal gruppo khorakhanè consiste in un recital
di poesie di Gaspare Cucinella, la cui recitazione è accompagnata
da musica per chitarra.
Il recital comprende 20 poesie dialettali e italiane dell’autore,
sottolineate dall’intervento di duetti di chitarra classica
con brani tratti dal repertorio classico, romantico e contemporaneo.
Lo spettacolo ha una durata di circa un ora; è preceduto da
una esecuzione del duo, a cui fa seguito la recitazione delle poesie,
suddivisa in due tempi, anch’essi inframmezzati da un intervento
musicale.
La poesia di Gaspare “Gasparotto” Cucinella è
tutta cinisara come il suo luogo d’origine, ma anche tutta
siciliana; immediatamente in essa infatti si riflettono le meraviglie
e nel contempo le angosce del nostro popolo, laddove si evocano
gli echi dei grandi poeti dell’isola; ma è anche certamente
cinisara, nei delicati tratti autobiografici in cui ogni buon paesano,
magari non più giovanissimo, si ritroverà senz’altro:
basti ascoltare “Terra di Mulinazzu” o “I negghi
si nni vannu”, in cui trova risalto, in scorci di una particolare
suggestione, il mondo contadino e marinaro e la giovinezza della
gente, con una immediatezza espressiva superba e delicata a un tempo.
Egli è innanzitutto un uomo di teatro, e ce lo riferisce,
con una punta di autoironia, nella poesia di apertura; si nota da
subito la particolare variabilità di sfumature timbriche
di una voce anch’essa orgogliosamente siciliana, che va dai
toni ironici a quelli drammatici, dal beffardo (“Vogghiu campari”)
all’evocativo, con tratti di vera e propria fuga dalla realtà,
di immaginazione, di idealizzazione di un mondo simbolico, migliore,
dove non ci sia posto per le paure ed i problemi del popolo siciliano
(La fabbrica dei sogni, Mi piacissi essiri acqua, U vientu ‘ncapu
u munnu); mirabili i dialoghi col padre ne “La ballata del
teatrante” e con il padre della ragazza in “I spaddi
mi brucianu ancora” coi toni minacciosi, impauriti o celatamente
autoritari, tutti squisitamente nostrani.
La sensibilità dell’artista tocca anche la storia contemporanea,
e i problemi di sempre (Guvernanti Truffaldini); egli si fa portavoce
delle impressioni e dei giudizi del popolo, sia nei gravi episodi,
che solo da poco sono cessati e i cui sentori si avvertono ancora,
dell’ultima, tragica guerra nei Balcani, e soprattutto in
un evento che ci riguarda molto da vicino, estremamente significativo
per la nostra storia e per il carico simbolico che possiede, e cioè,
in una parola sola, Peppino Impastato.
L’ampia gamma di sfumature, di tematiche e di toni trova il
suo più alto contrasto quando si va dalla voce dolorosa della
sofferenza, della tragedia interiore (“Ristuccia”, “Vogghiu
abbanniari i cosi”, “Non scurria cchiù lu sangu”),
fino allo scoppiettante intervento conclusivo, senz’altro
divertente e sempre attualissimo, che sfocia nella satira e nella
comicità, dedicata ai problemi della sanità e delle
strutture ospedaliere.
Questa selezione di poesie è sottolineata per l’occasione
dall’intervento musicale di un duo di chitarre; le pagine
di Pergolesi, Carulli, Tàrrega, Margola, Linnemann, Machado,
Bratus si sposano perfettamente con voce di Cucinella, e la suggestiva
atmosfera che riesce a creare.