La storia di Peppino Impastato non è una delle tante storie di morti ammazzati dallo Stato/mafia, non è semplicemente uno dei tanti "casi siciliani" che tutta una serie di depistaggi hanno saputo abilmente insabbiare e tentare di far precipitare nel dimenticatoio comune.
La vicenda di Peppino è unica, irripetibile, una stella che non passerà più ma la cui luce è ancora visibile chiara e forte.
La breve vita di Peppino è inversamente proporzionale alla miriade di ideali, valori e insegnamenti che ci ha lasciato e che, come dimostra l'enorme affluenza di gente presente ogni anno all' anniversario del 9 maggio, non sono andati persi ma sono attecchiti e cresciuti nelle anime di migliaia di giovani.

La sua esperienza è unica, coraggiosa e tragica al tempo stesso per il fatto che Peppino non è solo un giovane idealista che si batte e lotta contro la cultura del silenzio, contro i valori tradizionali immobili, contro la cultura omertosa di Cinisi, gridando contro le persiane chiuse: Peppino ha dovuto combattere contro una realtà più grande di lui, una spina nella carne che gli ha segnato l'esistenza ma che lo ha visto vincere ovvero il dover vivere a strettissimo contatto con la mafia.
Peppino la mafia l' aveva in famiglia e l' ha ripudiata e rifiutata con forza, con sdegno, pagando il prezzo più alto.
Peppino vive gli anni infuocati del '68 e a Cinisi, il '68 significa lotta alla mafia e ha il volto dei contadini, che lottano per le loro terre, di cui mafiosi e potenti decidono l'esproprio per la costruzione prima e l'ampliamento poi dell'aeroporto di Punta Raisi, cosa questa definita - in quella lingua di terra tormentata dai venti, sovrastata dai monti e circondata dal mare - una pura follia da piloti e tecnici (e due incidenti aerei costati più di 300 morti lo dimostrano) ma non tale per quei potenti che assommavano in sé i caratteri della mafia e di un capitalismo selvaggio e primitivo, le degenerazioni della speculazione e quelle della negazione del diritto. Insieme con altri ragazzi Peppino fonda un giornale che esordisce con la pubblicazione di un articolo dal significativo titolo: "La mafia è una montagna di merda". È questo il suo battesimo politico, la scoperta di una vocazione.

Il gruppo si allarga e nasce il circolo "Musica e cultura" che tra l'altro organizza mostre fotografiche nella piazza di Cinisi che denunciano corruzione e speculazione, e Radio Out, una piccolissima emittente corsara che ogni giorno manda in onda "Onda pazza", una trasmissione che, con l'arma dell'ironia, ridicolizza la mafia (il boss Tano Badalementi diventa "Tano seduto" e Cinisi diventa Mafiopoli) e denuncia l'omertà dell'intera amministrazione del paese. Cominciano a giungere i primi avvertimenti, Peppino non si arrende, anzi decide di presentarsi alle elezioni comunali del '78. Ma due giorni prima del voto, il 9 maggio 1978, lo stesso giorno nel quale a Roma viene ritrovato il corpo di Aldo Moro ucciso dalle Brigate Rosse, Peppino viene fatto saltare in aria con una carica di esplosivo. Vent'anni dopo la Procura di Palermo rinvia a giudizio Tano.

Il processo ha riconosciuto come colpevole il boss della cosca di Cinisi, Gaetano Badalamenti che è stato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Peppino Impastato ponendo così al termine il lungo calvario giudiziario della famiglia Impastato, che per venti anni ha assistito agli innumerevoli depistaggi dell'indagine. Si tratta infatti della terza sentenza che viene emessa sul caso: nella precedente, pronunciata l'anno scorso, era stato condannato a trent'anni l'ormai deceduto Vito Palazzolo, luogotenente del boss di Cinisi. Stavolta, però, pare che sia stato colpito il bersaglio grosso: Badalamenti (ora detenuto negli Usa per traffico di droga) è stato sempre considerato il colpevole numero uno dell'omicidio Impastato.
E' la prima condanna per l'anziano padrino di Cinisi, 79 anni, mai una sentenza per omicidio né per mafia. Peppino denunciava i suoi affari e le complicità politiche. «È finita l´impunità di un boss. Il ruolo dei pentiti si è rivelato essenziale», dicono il procuratore Pietro Grasso e il sostituto Franca Imbergamo. Ma i misteri su quel delitto e le complicità eccellenti di cui ha goduto il padrino della vecchia mafia non si esauriscono con la sentenza. «Adesso bisogna indagare sui depistaggi istituzionali, messi in atto da alcuni carabinieri e magistrati», dice l´avvocato Vincenzo Gervasi, legale degli Impastato. «Troppi ritardi per giungere alla verità», denuncia Umberto Santino, presidente del centro intitolato a Impastato, che ha condotto un´indagine parallela e ha ottenuto la riapertura del caso. E i depistaggi sono ormai consacrati agli atti della commissione antimafia della scorsa legislatura. Badalamenti, detenuto in un carcere del New Jersey per scontare una condanna per droga, fa sapere: «Sono innocente». La madre di Impastato, Felicia Bartolotta, continua ad accusarlo: «Paga per la sua colpa. Non lo perdono, come potrei». «Alla fine, malgrado le difficoltà, la verità è venuta a galla», dicono all´unisono il presidente dell´Antimafia Roberto Centaro e il procuratore nazionale Pierluigi Vigna.


In occasione del 24° anniversario del suo assassinio, si costituisce il Forum sociale antimafia “Peppino Impastato”.
Finalmente, anche se con grande ritardo, i processi contro i mafiosi incriminati come mandanti dell’omicidio sono giunti a conclusione. Il 10 marzo del 2001 è stato condannato il mafioso Vito Palazzolo e il capomafia Gaetano Badalamenti ha avuto l' ergastolo che da tempo meritava.La Commissione parlamentare antimafia nel dicembre del 2000 ha approvato una relazione in cui si dice inequivocabilmente che rappresentanti delle forze dell’ordine e della magistratura hanno depistato le indagini avallando la montatura orchestrata dai mafiosi che volevano far passare Peppino per terrorista e suicida. Il Forum vuole essere un luogo di confronto e di iniziativa unitaria che, partendo dalle esperienze di lotta sociale degli ultimi anni, elabori un progetto di riflessione e di lotta contro la globalizzazione neoliberista, contro la guerra e il terrorismo, contro i processi di finanziarizzazione e di emarginazione che portano al proliferare delle mafie a livello locale e internazionale, per l’affermazione dei diritti fondamentali e per un’autentica partecipazione democratica. La proposta del Forum nasce dalle esperienze di varie realtà, impegnate su diversi terreni (dalle attività socio-cultuali all’impegno per la pace, dai centri sociali alle associazioni di immigrati) che cercano di riappropriarsi di spazi territoriali, sottraendoli al dominio mafioso.
il Forum è stato intitolato a Peppino Impastato per riconoscere la radicalità delle sue rotture, a cominciare dalla famiglia, e la ricchezza della sua esperienza, che coniugava militanza politica, impegno sociale, creatività culturale.



   
     
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